- 1 Febbraio 2023
L’ambiente di lavoro nella composizione cegoziata della Crisi di Impresa

Con l’entrata in vigore delle ultime modifiche al Codice della Crisi e dell’Insolvenza (con il D.L. 22 giugno 2022 n. 83) il tema dell’ambiente di lavoro e dei doveri delle parti che era divenuto di notevole attualità al momento della partenza della Composizione Negoziata di cui al D.L. 118 del 2021 diventa parte integrante e sostanziale del codice stesso a causa del totale assorbimento delle norme sulla Composizione Negoziata all’interno del CCI (ed espunzione dell’OCRI).
Il legislatore ha confermato pienamente il desiderio di investire sulla più consapevole gestione (possibilmente anticipata) della crisi di impresa ed a tal fine ha specificamente normato quello che a me piace definire “ l’ambiente di lavoro professionale” per tutti i soggetti coinvolti in ogni strumento di regolazione della crisi.
Per tale motivo il nuovo articolo 4 del riformato CCI è rubricato “Doveri delle parti” e illustra in generale quale comportamento attivo il legislatore si aspetta che le parti (imprenditore e creditori da un lato, esperto della Composizione Negoziata e organi delle procedure, ove azionate) assumano durante ogni fase della regolazione della crisi.
Al primo comma si richiama in generale il dovere di comportamento secondo buona fede e correttezza a valere su tutti gli strumenti di regolazione della crisi quindi non solo la composizione negoziata. Tale richiamo pertanto va inteso come monito generale sovrastante le specifiche ulteriori obbligazioni comportamentali e di trasparenza di volta in volta inserite negli specifici strumenti di regolazione.
Il secondo comma illustra i doveri del debitore in termini: di piena disclosure della propria situazione “fornendo tutte le informazioni necessarie ed appropriate alle trattative avviate, anche nella composizione negoziata, e allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto” – di adozione tempestiva delle azioni idonee alla concreta realizzazione dello strumento prescelto – di gestione del patrimonio e dell’impresa nell’interesse prioritario dei creditori.
Con riferimento ai creditori, il quarto comma impone il dovere per costoro di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto della composizione negoziata e con gli organi nominati dalla autorità giudiziaria e amministrativa e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore.
Con specifico riferimento alla Composizione Negoziata di cui agli articoli 12 e seguenti del CCI, i richiami comportamentali sono contenuti nell’articolo 16 del CCI creando un virtuoso collegamento con le norme generali di cui al ridetto articolo 4.
Come ormai noto la Composizione Negoziata si basa sulla nomina di un esperto indipendente che faciliti il perseguimento del risanamento dell’impresa attraverso la disamina di adeguata informativa finanziaria ed industriale prodotta da parte dell’imprenditore che dovrà dotarsi di un controllo interno efficiente ed essere assistito da consulenti preparati che possono aiutarlo nella preparazione del set informativo di base.
Scopo evidente della Composizione Negoziata è quello di aiutare la prevenzione e gestione della crisi di impresa con modalità più, oserei dire, flessibili rispetto all’impianto delle procedure di allerta di cui alla parte seconda del titolo primo del Codice della crisi e della insolvenza che viene definitivamente eliminata.
A tale fine il legislatore propone un metodo di composizione negoziata basato su tre presupposti di “buon ambiente di lavoro”:
1) la nomina di un esperto indipendente;
2) il ragionevole perseguimento del risanamento dell’impresa;
3) la immediata produzione, fra molti altri documenti richiesti, di adeguata informativa finanziaria ed industriale da parte dell’imprenditore.
Lo schema operativo si snoda pertanto con un meccanismo di indubbio carattere aziendalistico, in linea con il già vigente obbligo in capo a tutti gli imprenditori di possedere un adeguato assetto organizzativo atto alla misurazione della persistenza della continuità aziendale (art. 2086 c.c. secondo comma).
Occorre segnalare una novità rispetto al precedente art. 5 del DL 118 del 2019. Infatti fra i documenti da allegare alla domanda è necessario non solo: “una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima della presentazione dell’istanza” e “una relazione tecnica chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative industriali che l’imprenditore intende adottare”, ma anche “UN PROGETTO DI PIANO DI RISANAMENTO REDATTO SECONDO LE INDICAZIONI DELLA LISTA DI CONTROLLO DI CUI ALL’ART. 13 COMMA 2”.
L’inserimento di questo documento già in sede di domanda di accesso alla Composizione Negoziata chiude il dibattito sorto proprio in relazione alla capacità, specialmente delle piccole imprese, di essere in grado di produrre sin da subito un piano di risanamento. Al tempo il legislatore aveva optato per una soluzione più morbida di fatto obbligando l’esperto nominato a sovrintendere alla fase di preparazione del piano. La attuale formulazione non lascia dubbi ed obbliga l’imprenditore ed i suoi consulenti a presentare sin dall’inizio un progetto di piano di risanamento avvalendosi delle indicazioni operative della lista di controllo.
Personalmente non mi sento di considerare questa “novità” come un irrigidimento a danno dell’impresa – piuttosto mi pare un richiamo a dotarsi di strumenti di controllo e misurazione di performance. Del resto l’articolo 12 del CCI conferma il riferimento della richiesta di nomina dell’esperto “quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa “. E siccome l’esperto “agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati” la creazione di un set informativo di base più idoneo a tale arduo compito va salutato con favore anche perché aiuta l’esperto a rimanere il più indipendente possibile.
A tale riguardo l’art. 16 del CCI conferma l’afflato aziendalistico della composizione negoziata della crisi e disciplina il cosiddetto “ambiente di lavoro”.
L’esperto deve operare “in modo professionale , riservato, imparziale e indipendente “. Egli può chiedere all’imprenditore e ai creditori tutte le informazioni utili o necessarie e può avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore, e di un revisore legale . Si conferma dunque il ben ampio il potere di azione dell’esperto che deve poter effettivamente agevolare le trattative , cui le parti non possono sottrarsi per i doveri di buona fede e correttezza sopra generalmente richiamati dall’art. 4 del CCI.
Corrispondentemente l’imprenditore ha il dovere di rappresentare la propria situazione a tutti in modo completo e trasparente e deve gestire l’impresa senza recare pregiudizio.
Ancora corrispondentemente “tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente ed in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto” – “le medesime parti danno riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata”. Da segnalare inoltre il comma specificamente dedicato al mondo della finanza: “le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato”.
La puntuale normazione data dal legislatore in punto di obbligo di responsabilità comportamentale delle parti della crisi è la base del successo della risoluzione della crisi stessa, cui deve associarsi la capacità degli imprenditori di essere efficaci nel controllo di gestione e nella misurazione dei loro KPI. In tal senso la lista di controllo che aiuta la preparazione del progetto di piano contiene certamente le istruzioni minimamente necessarie per avvicinarsi alla composizione negoziata ed al contempo costituiscono un set operativo che se posto in funzione nella normalità della vita dell’impresa consente di “leggere” la continuità aziendale in un modo costante a evitare un eccesso di “sorprese”.
La crisi d’impresa, infatti, non è solo un problema dell’imprenditore, ma di tutti i soggetti coinvolti.